Seminario organizzato da Copagri sul comparto ovicaprino a Sardara: risultati e programmi per il futuro
Si è tenuto a Sardara un incontro con i pastori per fare il punto sulla crisi che investe il comparto ovicaprino e sui riflessi che questa ha sul prezzo del latte.
Dopo l’introduzione di Beppe Bullegas, presidente di Copagri Cagliari, ha condotto la riunione Pietro Tandeddu, responsabile nazionale per Copagri del settore.
Tandeddu, dopo aver ricordato la clamorosa protesta dei pastori a partire dal mese di febbraio, ha evidenziato le contraddizioni che hanno contraddistinto la risposta del governo alla crisi, con la promessa, da parte di un ministro peraltro non titolato, a portare in 48 ore il prezzo del latte a 1 euro e la sostanziale assenza della Regione che, ancora oggi, non ha una linea e una proposta.
I 74 centesimi/ litro offerti l’8 marzo presso la Prefettura di Sassari dalla parte industriale, unico risultato positivo – ha rilevato Pietro Tandeddu – difficilmente potranno avere un aumento a saldo per effetto di un meccanismo di correlazione tra prezzo del pecorino romano rilevato a Milano e il prezzo del latte. Totalmente sbagliato, come Copagri avevamo contestato: sbagliato il periodo di riferimento, sbagliato il riferimento al solo pecorino romano, sbagliata la griglia.
Oggi, comunque, a fronte di un aumento, sia pure contenuto, dei prezzi del formaggio, dell’incremento delle esportazioni verso gli Stati Uniti, sebbene motivato dalla paura dei dazi da parte degli importatori, di una riduzione della produzione di pecorino romano nell’ultima annata casearia, è lecito chiedere alla Regione di farsi promotore e garante di un confronto tra le rappresentanze di chi vende latte e di chi acquista, per definire un diverso e più remunerativo prezzo a saldo e per concordare un equo prezzo di acconto per la campagna che sta per iniziare.
Contestualmente, respingendo ogni ipotesi, balenata nell’ultimo periodo, di un ennesimo intervento assistenziale, che gli stessi pastori “senza bandiere“ hanno già rifiutato, vanno rimossi quei nodi strutturali che impediscono lo sviluppo del comparto.
Non basta l’annuncio della prossima decretazione ministeriale volta all’utilizzo dei 10 milioni stanziati dalla recente Legge n. 44 a favore dei contratti di filiera nazionali; mancano altri decreti di attuazione previsti dalla norma e che sono riferiti all’acquisto del pecorino romano per gli indigenti, al registro telematico che imporrà la comunicazione mensile del latte acquisito da parte degli acquirenti, similmente a quanto avviene da tempo per il latte vaccino e di bufala, all’abbattimento degli interessi sui prestiti, alla promozione delle produzioni lattiero-casearie, così come il ministero deve rispondere alla pressante e vecchia richiesta di ricostituzione del Tavolo di filiera ovicaprina nazionale.
L’autoregolamentazione del pecorino romano rimane elemento essenziale per evitare le crisi cicliche del comparto; considerata la bocciatura del piano proposto dal consorzio, è opportuno – continua Tandeddu – la riapertura del confronto per apportare ad esso qualche opportuna modifica e trovare, da subito, il momento per concordare alcune necessarie modifiche dello statuto e del disciplinare, puntando in primo luogo, alla codifica di un “pecorino romano da tavola” a basso tenore di sale, riconoscibile agli occhi del consumatore.
La Regione non può scaricare l’onere della soluzione dei problemi esclusivamente sul ministero; il ministero ha le sue competenze e le sue responsabilità ma vale la pena ricordare che la Regione ha competenza primaria in campo agricolo. Temi come l’orientamento della spesa pubblica per scoraggiare la produzione di romano oltre le possibilità reali di sbocco sul mercato e favorire la conseguente diversificazione, prima di tutto verso le altre due DOP, la destagionalizzazione della produzione di latte, una ricerca orientata verso la qualità del latte, sono solo alcuni dei temi che possono essere affrontati a livello regionale.
Altri impegni sarebbero a carico di altri attori della filiera come OILOS che deve dedicarsi alla definizione di un “contratto tipo“ di contrattazione tra le parti, trasparente, uniforme su tutto il territorio regionale, rispettoso degli obblighi derivanti dalla legge, comunitaria e nazionale.
Né si può sottacere che la cooperazione nel comparto, strumento diretto dei pastori per affrontare il mercato e chiudere la filiera, ha vecchie debolezze che richiedono di essere rapidamente superate.
Ed infine non mancano responsabilità da parte degli stessi pastori che dovrebbero adoperarsi per il contenimento dei costi, ben sapendo che il reddito è frutto anche di questo e non solo di una migliore remunerazione della materia prima.
Occorre fare presto. Tra l’altro l’autunno non sembra favorevole; da tempo non piove e non si vede un filo d’erba. Teniamo presente il detto pastorale: “Atonzu ispiliu, pastore famiu“.